ECCO PERCHE’ LE BANCHE ITALIANE NON DEVONO AGIRE ALL’ULTIMO MINUTO SUI CREDITI DETERIORATI

Articolo di Sergio Bommarito da: L’Inkiesta

Le banche italiane si affannano da diversi semestri a migliorare le performance dei propri bilanci. Fuori più o meno velocemente le sofferenze che potevano essere vendute, è scattata la corsa alla gestione degli Unlikely to Pay alla ricerca di risultati da velocista dei 100 metri

Secondo dati di scenario presentati da ABI nelle scorse settimane, il rallentamento dell’economia, trascinato da scarsi consumi e investimenti, si rifletterà anche in una nuova risalita del tasso di deterioramento totale del credito, con un 2% previsto per il quarto semestre del 2019, che interesserà non solo le sofferenze ma tutte le categorie di crediti. Su cortese invito di Madame Nouy, le banche italiane si affannano da diversi semestri a migliorare le performance dei propri bilanci. Fuori più o meno velocemente le sofferenze che potevano essere vendute, è scattata la corsa alla gestione degli Unlikely to Pay alla ricerca di risultati da velocista dei 100 metri, pur non avendo mai di fatto praticato con costanza l’attività.

Operare nel settore del credito vuol dire avere un ruolo di sostenibilità per l’economia reale.Non si tratta solo di spostare in maniera veloce la patata bollente per non scottarsi, ma di studiare insieme agli altri attori del sistema soluzioni che permettano di prevenire qualsiasi problema di salute al “paziente”. Con l’educazione finanziaria o percorrendo la via del rientro in bonis, soprattutto per le PMI, vera autostrada per la ripresa economica italiana. Come noto, le Linee guida per le banche sui crediti deteriorati della Banca Centrale Europea del 2017 e le linee guida finali del 2018 dell’Autorità Bancaria Europea riguardo a NPE e forborne exposures, sottolineano l’importanza per le banche di dotarsi di procedure e flussi informativi interni volti ad individuare e gestire proattivamente, in maniera precoce, situazioni di deterioramento creditizio, adottando un Early Warning System con unità operative specializzate nel monitoraggio e nella valutazione del rischio. Un insieme di azioni, accorgimenti, processi e strumenti che permettono di evidenziare il peggioramento della capacità di pagamento di un’impresa o di un privato, per attivare il campanello d’allarme e attivarsi per porre rimedio.Non aspetto di avere i crampi da disidratazione al 38° chilometro, mi idrato prima. Questo è ciò che si può fare. Ma per farlo serve che chi può beneficiarne sappia di cosa si tratta.

La sensibilizzazione sul tema early warning presso gli istituti bancari, soprattutto banche popolari e di credito cooperativo, ha quasi la stessa rilevanza del processo. Fare educazione e informazione rispetto ad un’attività di gestione del credito costante, a lungo termine, progettata, rodata e sistematizzata, una preparazione che richiede tempo ed energie per essere perfezionata ma permette di non reagire frettolosamente e sotto la spinta normativa di deadline di derecognition, é fondamentale. Così si creano prassi sane, durature. Lo sportivo che vuole correre la maratona fa dei sacrifici. Lo stesso deve fare il sistema bancario ed economico italiano.  Come? ripensando i processi di gestione del credito secondo logiche forward looking,  intervenendo sin dai primi sintomi di affaticamento del cliente banca, che sia privato o azienda, cogliendo i segnali premonitori per reagire in maniera tempestiva, facendosi supportare sin dal momento decisionale dell’erogazione da player innovativi, capaci di offrire soluzioni e software efficaci per prevenire davvero il rischio di credito e di insolvenza.

Secondo i dati ABI, le sofferenze torneranno a crescere nella seconda metà del 2019. Per quanto si sforzino di fare deleveraging, le banche continuano a perdere redditività perché le operazioni di pulizia del bilancio non vengono premiate in Borsa. Per ridare stabilità al sistema bancario e permettere alle banche di tornare a trasferire ossigeno al paziente impresa, occorre cambiare radicalmente le politiche di gestione del credito intervenendo molto prima, e in maniera radicalmente diversa altrimenti la montagna di crediti, della quale non ci si era comunque ancora liberati, tornerà a crescere, sotto lo sguardo disapprovatore dei regolatori. E non ci si fermerà solo allo sguardo. Ecco quindi che invece dei singoli scatti da velocista, il sistema bancario italiano deve cominciare ad allenarsi per la maratona.

E gli UtP? Ne beneficiano eccome: fare early warning su clienti ancora attivi, aziende ancora vive o privati solo in momentanea difficoltà, permette di migliorare il monitoraggio lato banca sui criteri di erogazione, aggiustando il tiro in maniera dinamica, con le informazioni aggiornate provenienti da un’operatività attenta ai segnali di defaillance. E questo migliora anche la relazione della banca con il cliente, che viene messo al centro non solo in fase di erogazione, quando si è ancora tutti amici, o all’angolo quando è inadempiente, ma diventa protagonista di un dialogo continuo anche quando iniziano le difficoltà ed è ancora possibile intervenire. Alcune delle soluzioni per riportare il cliente in bonis non saranno più applicabili in una fase di deterioramento.

Ogni qualvolta si parla di early warning, si deve tenere conto del tessuto economico italiano, caratterizzato da un gran numero di PMI e un numero ancora più elevato di microimprese, con l’imprenditore che difficilmente avrà la lucidità di individuare quelle circostanze che potrebbero essere spia di un deterioramento del business o delle condizioni finanziarie dell’impresa. Sempre in ambito impresa, il legislatore nazionale, sulla scorta delle indicazioni europee sembra voler responsabilizzare tutti gli stakeholder imponendo un comportamento virtuoso e collaborativo, con una sinergia tra i sistemi di controllo interni all’impresa ed i sistemi di monitoraggio del rischio di credito delle banche, nel comune interesse di preservare la continuità aziendale.

 

 

 

 

Potrebbero interessarti
CONDIVIDI SU

Articoli simili

Menu