Scoprire che Messina, in Italia e oltralpe, è conosciuta non solo come la città di quel ponte sullo Stretto mai realizzato, sempre lì lì per nascere; non solo come la città distrutta da un vecchissimo terremoto, del quale ancora oggi rimangono negativi effetti; non solo come la città dalla mafia sotterranea, o la città massonica; non solo come la città che ha visto, in passato, il proprio tempio dello Studio e del Sapere, l’Università, al centro di inchieste e collusioni con la ‘ndrangheta. Scoprire che Messina è anche Fire, e per questo è conosciuta nel resto d’Italia e in Europa, fa bene alla speranza. Nutre le aspettative di rinascita.

Fire è l’impresa a Messina. Fire è la dimostrazione che anche a Messina, sfidando lentezze burocratiche, ataviche rilassatezze, modesti obiettivi e la fissa del posto fisso, si può imprendere. Basta la tenacia e la voglia di sfidare se stessi.

Ed è stata una sfida, con se stesso e con la città in cui è nato, vissuto e si è insediato, quella di Sergio Bommarito, che della Fire è ‘padre’ attento e rigoroso.

Dei suoi sforzi, degli obiettivi raggiunti e di quelli ancora in itinere, Bommarito ne ha parlato ieri, al convegno ‘Fare Impresa a Messina’, organizzato dal Rotary Club di Messina all’Hotel Royal. Un appuntamento organizzato dalla presidente del Rotary, Mirella Deodato, proposto dal notaio Michele Giuffrida, che hanno introdotto la relazione dell’ospite.

Conosciamo Fire e scopriamo perché se ne parla a Milano, ma anche a Londra, Bruxelles.

Fire è una società di gestione del credito. Il che già, diciamolo, la rende ‘brutta’, ‘odiosa’ a chi conosce i vecchi metodi coercitivi, attuati dalla maggior parte dei riscossori di debiti. Ma la società messinese si è mossa sull’onda rivoluzionaria della comprensione, del dialogo con il debitore, dell’andare incontro alle sue difficoltà, proponendo un rientro mediato, rateizzato. E soprattutto senza interessi da aggiungere al debito iniziale.

Ecco perché Fire è tra le società cui le maggiori banche italiane affidano la gestione del credito. Una fiducia che in termini monetari determina 23 miliardi di euro in crediti da gestire, e un fatturato annuo di 50 milioni di euro.

Oltre Messina, esistono sedi a Palermo, Catania, Milano, Roma, Caserta, ed ancora in Romania e Moldavia. Sono 2000 le persone che ci lavorano: 700 assunti, 1300 collaboratori.

Un’azienda che cresce ancora, sempre giovane nonostante i suoi 28 anni di vita, perché sui giovani punta, sulla loro formazione.

Bommarito lo ha detto: ha inseguito il modello Milano, ha voluto competere con la professionalità nel settore della capitale italiana della Finanza, E ci è riuscito, visto che Fire ha davanti a sé, nella lista delle maggiori società attive nel credit management, soltanto quelle che alle spalle hanno un consistente apparato di partenariato, mentre Fire è un gruppo indipendente.

Ieri, nell’introduzione alla relazione dell’imprenditore, Michele Giuffrida, socio Rotary, ha tracciato un breve profilo di Messina parlando del momento di particolare criticità vissuto dalla città che, tra le siciliane, è la più ignorata dalla politica dell’isola. Giuffrida reputa necessario ‘fare squadra’ tra imprenditoria cittadina e amministrazione politica. Una collaborazione tra privato e pubblico per fare rinascere la scomparsa economia messinese.

Una necessità ‘sposata’ da Sergio Bommarito, che però non nega gli ostacoli di una ‘cultura’ difficile da estirpare nel messinese in particolare, ma anche nel siciliano in generale. E’ la cultura che “meno si fa meglio è”, e quel che poco che si fa è fatto pure male. Ha parlato di aziende del nord Italia che investono al sud, laddove il tenore di vita è più basso, ma poi chiudono per la scarsa produttività dei dipendenti. Fra tutte, la Fiat di Termine Imerese, che ha chiuso a causa dei difetti delle auto prodotte nello stabilimento siciliano.

Ed ancora i finanziamenti statali, che arrivano al nord come al sud, ma che sotto Roma si perdono, non vengono sfruttati per la crescita del mezzogiorno.

In pratica, fare impresa al sud non sarebbe difficile se le ‘teste’ fossero liberate dall’idea del posto fisso e le braccia pronte a muoversi.

E’ questa la sfida portata avanti da Sergio Bommarito, che ancora si pone mete da raggiungere. Nonostante Fire sia tra le 300 migliori aziende in Italia dove lavorare, come stabilito lo scorso dicembre da un’indagine dell’Istituto tedesco qualità e finanza su un campione di 2000 aziende prese in esame. La ricerca ha analizzato due macro categorie, la prima è “Cultura aziendale” (clima di lavoro, sostenibilità, valori aziendali, orientamento al cliente, welfare aziendale) mentre la seconda è “Carriera” (network di carriera, sviluppo professionale, prospettive di crescita, incentivi lavorativi, riqualificazione). E su 2mila imprese valutate, l’azienda messinese è tra le prime 300.

Ma a chi l’ha fondata, a chi ha creduto nel potenziale messinese, non basta ancora. Bommarito – lo ha detto ieri a chiusura del convegno – ancora oggi, 28 anni dopo, “si addormenta con un sogno e si sveglia con un obiettivo”.