FIRE, 27 ANNI E NON SENTIRLI, SERGIO BOMMARITO RACCONTA

Tre persone, un piccolo ufficio e una visione: innovare la gestione del credito. L’idea del patron di Fire, Sergio Bommarito, al bivio fra la prospettiva del posto sicuro in banca e il mettere alla prova il proprio intuito imprenditoriale, era di creare ed offrire al mercato servizi di recupero crediti innovativi.

Da lì, parte l’avventura. Oggi il Gruppo Fire, cinque società controllate e oltre 1000 risorse, è il primo player indipendente non quotato nei servizi a supporto della filiera del credito.

A quasi 30 anni da quella scelta di fondare la sua azienda in Sicilia, chiediamo a Bommarito: Lo rifarebbe? O meglio fare le valigie alla volta di Milano o Londra?
Nonostante le difficoltà che questa scelta ha comportato e comporta tutt’ora, soprattutto vista la crescente internazionalizzazione del Gruppo, la mancanza di infrastrutture e mille altre ragioni che non sto a raccontare, la mia risposta è ancora e sempre sì. Per il mio Gruppo guardo all’Europa ma resto in Sicilia. C’è chi mi ha tacciato di campanilismo, prospettandomi gli svantaggi dell’avere la propria sede principale al Sud quando la clientela di riferimento si trova al Nord o all’estero. A me invece piace definirla resistenza imprenditoriale, condita probabilmente dal desiderio di dimostrare che si può fare impresa in Sicilia. E anche bene. Appena laureato non volevo avere un contratto da dipendente, e così ho iniziato da “associato in partecipazione agli utili” in una piccola finanziaria, erogando quelli che nel lontano ’82 si chiamavano prestiti. Stavo dall’altra parte della scrivania. Da Messina guardavo, in cerca di ispirazione, a casi di successo in altri territori ed ero convinto di poterli importare anche in Sicilia. Avevo sul mio tavolo due proposte concrete per posizioni di rilievo presso banche locali, l’agognato “posto in banca”. Potevo scegliere anche, come fecero allora molti miei coetanei, di emigrare a Milano, l’El Dorado per chi studia economia. Ma la terza via era più sfidante. Volevo innovare e volevo farlo in Sicilia. Nell’88’, diventai agente in attività finanziaria Citifin per Messina e decisi di lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Proposi una scommessa all’allora Responsabile del Recupero Crediti per la mia filiale: avrei ridotto del 50% la percentuale di insoluti applicando le mie idee sulla gestione del credito. Non fu facile ottenere un sì, per questo proposi anche di occuparmi solo dei crediti più vecchi, quelli più difficili. Vinsi la scommessa in sei mesi e da lì la mia storia, che si fonde con quella di Fire, ebbe inizio.

Per anni è stato l’imprenditore alla guida dell’azienda, che nel frattempo è diventata un Gruppo operante su più ambiti. Da dove è nata la scelta di affidare il timone a manager “terzi”?

Le aziende sane non possono essere elementi statici, devono essere organismi in continua evoluzione se vogliono rimanere sul mercato ed essere competitive. La mia visione è stata determinante per la nascita dell’azienda, ma ad un certo punto mi sono reso conto che serviva qualcuno più bravo di me. Rimanere “da solo” alla guida in un mercato che si evolve velocemente sarebbe stato un atto di egoismo. Ho fondato l’azienda ma l’azienda non è mia, è di tutti quelli che le danno vita ogni giorno, determinandone il successo. Mi sono sempre sentito responsabile delle famiglie che gravitano attorno a Fire, che ha un potenziale di crescita elevatissimo nel mercato in cui operiamo già e di allargamento della quota in quelli che vogliamo presidiare con maggiore incisività. Per questo nel 2015 ho scelto Claudio Manetti, proveniente dal Gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles) come Amministratore Delegato di Fire Spa, la principale società operativa del Gruppo e questo luglio Alberto Vigorelli, ex top manager UniCredit, come Amministratore Delegato dell’intero Gruppo. Queste scelte confermano la volontà di far compiere a Fire un salto non solo dimensionale ma anche qualitativo e di posizionamento, conquistando nuovi mercati. Per farlo è necessario il contributo di professionalità riconosciute sul mercato, con un set di competenze in linea con gli obiettivi di crescita futura. Ultimo tassello in ordine di tempo dal punto di vista del rafforzamento dell’executive team è l’arrivo, proprio la scorsa settimana, di Barbara Iacono, nuovo CFO di Gruppo, anche lei proveniente da importanti realtà multinazionali. Siamo pronti a raccogliere nuove sfide insomma, facendo tesoro dell’esperienza regalataci dagli anni. Insieme al top management del Gruppo lavoriamo su strategie a lungo termine perché fare impresa in maniera sostenibile significa lavorare con lungimiranza per avere un impatto positivo sui propri stakeholder, primi fra tutti le risorse umane e la comunità locale, incluse le Università, con cui il dialogo è già proficuo ma verrà intensificato. In coerenza con questi intenti, pensiamo e agiamo integrando le logiche di profitto a preoccupazioni di sviluppo sociale nel momento quando definiamo i nostri piani di business.

La stampa nazionale l’ha spesso definita un “pioniere” della gestione del credito. Che consiglio si sente di dare ai giovani che vorrebbero lanciarsi in imprese che potrebbero sembrare oggi visionarie?

Credo che oggi sia molto più difficile che in passato inventare qualcosa di nuovo. Qualsiasi tipologia di business che possa essere pensato, è molto probabile che già esista. Fioriscono start-up più o meno innovative ad ogni batter di ciglio. Chi ha la fortuna di avere un’intuizione che ritiene possa fare la differenza deve avere il coraggio di difenderla e la tenacia di portarla avanti per non farla rimanere solo un sogno.

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