Rimanere razionali a costo di suonare scomodi é quello che ci serve in questo momento. Bella l’analisi di Claudio Manetti (Ceo Fire Spa) sui potenziali effetti devastanti di una gestione poco lucida delle misure sul credito.
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L’emergenza sanitaria che il nostro Paese sta affrontando in seguito alla diffusione del Covid-19 è preoccupante: lo testimoniano i numerosi appelli alla politica e ai cittadini da parte di virologi, di medici e di manager ospedalieri (persone competenti e impegnate in prima linea) a contenere il virus assumendo comportamenti severi; nella stessa direzione è andata la nomina di Domenico Arcuri a Commissario Straordinario con la delega piena a decidere rapidamente l’allestimento di nuovi centri e nuclei di terapia intensiva.
Purtroppo, le testimonianze più feroci provengono dagli oltre 1.000 morti in meno di due settimane.
Dopo molte discussioni e talvolta invettive nei confronti dei cosiddetti catastrofisti (in primis i virologi di cui sopra), sembra che finalmente sia stata sdoganata e condivisa l’idea che l’emergenza c’è: che il tempo per le parole sia terminato, che i fatti e solo quelli debbano ora portare a contrastare efficacemente la diffusione virale in atto.
Le reazioni
Una doppia onda emotiva ha ora investito l’Italia: la paura del virus e la paura di fare brutte figure assumendo atteggiamenti e decisioni non-politically correct.
Ci siamo improvvisati smart worker.
Il nostro Paese, la cui colonna vertebrale è industriale, dunque costruita sulla fisicità del lavoro, ha infatti sempre contrastato la diffusione della modalità smart: del resto, i comportamenti spesso naif del nostro popolo hanno affermato nel tempo l’idea che l’occhio del padrone ingrassi il cavallo; questa è la ragione principale per cui molte realtà produttive e non solo fanno oggi fatica a rinunciare alla presenza dei propri dipendenti.
Se il mondo dei servizi, invece, è sembrato più permeabile alla tendenza smart working, di contro non c’è grande fiducia verso l’infrastruttura e l’arretratezza tecnologica e digitale del nostro bel Paese: reti, bande, network e cloud saranno sottoposti a uno stress senza precedenti e là misureremo la nostra reale abilità nel dare continuità al lavoro indipendentemente da dove esso venga svolto.
A proposito di non-politically correct…
Molte aziende del mondo delle telecomunicazioni e delle utility, ma anche banche e finanziarie, stanno considerando la possibilità di bloccare le fatturazioni o sospendere le scadenze di carte di credito, prestiti personali, mutui, bollette ecc. Se di fondo c’è sicuramente la sincera volontà di dare una mano a una economia che langue e languirà per parecchio tempo, d’altro canto ho l’impressione che si sia scatenata una specie di strumentale competizione marketing-oriented tra chi compirà il gesto più bello e più memorabile.
Poi si sono aggiunti coloro che chiedono alle banche clemenza verso le famiglie che – pagando le imposte e le tasse – hanno fornito i denari necessari per salvarle dallo tsunami NPL: ingrate adesso nell’esigere il pagamento dei mutui. Con una buona dose di emotività, dimentichiamo d’altro canto che famiglie e imprese sono state spesso la causa della crescita dei non performing loans nei bilanci degli istituti finanziari… Famiglie e imprese a loro volta danneggiate dal virus dei derivati nord-americani. Sembra esserci sempre un virus che viene da lontano a complicare le nostre vite.
Svolgo un mestiere che mi porta a dire che sarebbe sbagliata una decisione generalizzata, acritica, elettorale, buonista (usate il termine che preferite) di moratoria, ma non voglio a mia volta sconfinare nel pregiudizio acritico.
Proviamo allora insieme a recuperare un po’ di razionalità.
Redditi intatti, consumi inferiori, risparmio superiore
La priorità di intervento del Governo sarà il sostegno a quelle attività professionali, commerciali o imprenditoriali che l’emergenza Covid-19 ha costretto a sospendere: questa è la direttrice nella quale devono andare gli sforzi economici del Paese, senza dimenticare il mondo dei precari (molto diffusi nelle attività commerciali) verso i quali il reddito di cittadinanza potrebbe avere adesso un’applicazione sensata.
Se questo succederà e se a questo si aggiungeranno nelle prossime ore altri interventi più mirati per le famiglie, nessuno perderà il proprio reddito. Esattamente come è già capitato e sta capitando.
I percettori di redditi da lavoro non hanno avuto contraccolpi e – con buona probabilità – non ne avranno. Si aggiunga a ciò il fatto che in questo momento le famiglie stanno spendendo meno: consumiamo meno benzina, non facciamo colazione o spuntini nei bar, né ceniamo in ristoranti e pizzerie: non andiamo al cinema, i giovani non organizzano feste e apericena, insomma… il reddito disponibile sta crescendo, giorno dopo giorno e in maniera anche considerevole.
Gli ultimi dati disponibili dell’Istat ci dicono che il reddito disponibile medio di una famiglia italiana è di 2.571€, con una spesa mensile per trasporti, ristorazione e spettacoli variabile tra 420 e 530€ (dal 16% al 20% delle entrate mensili). Se ai giorni nostri la propensione al risparmio è stata falcidiata dalla crisi finanziaria, scendendo all’attuale 8,3%, non dobbiamo dimenticare che in momenti diversi seppure lontani – quando gli stili di vita e le opportunità di spesa erano differenti – essa si attestava oltre il 20%: forse il Covid-19 ci costringerà a fare i conti col nostro passato? C’è da attendersi dunque una risalita del saggio di risparmio.
La serietà degli italiani: il rispetto di scadenze e impegni
Il rispetto delle scadenze, degli impegni è, dal mio punto di vista, uno di quegli elementi che connota una precisa visione del mondo: il senso del dovere, l’etica dell’osservanza delle regole. Mutatis mutandis, i Cinesi hanno forse sconfitto il Covid-19 proprio perché hanno assunto immediatamente decisioni nette cui tutti si sono attenuti: un atavico e ossessivo tributo allo yinggai, che in mandarino identifica ciò che è necessario (una sfumatura culturale del nostro dovere) li sta salvando. E’ il mindset degli anglosassoni.
Non c’è una ragione per derogare pagamenti a chi percepisce regolarmente uno stipendio: è invece doveroso farlo a chi vede pesantemente intaccati i propri fatturati.
Se lasciassimo scadere rate e bollette, ci ritroveremo post-emergenza a dover affrontare una situazione simile a quelle già ben nota dei non-performing loan: poco importa se le banche avranno agevolazioni nell’applicazione del calendar provisioning, nel calcolo degli RWA o del Cet1; alla fine, in un modo o nell’altro, quei soldi dovranno rientrare insieme a quelli che costituiranno le scadenze di allora: insomma, a credito si cumulerà credito, con un impatto a quel punto sì davvero insostenibile per le famiglie. Stesso discorso vale per società di telecomunicazioni e per utility, pubbliche e private.
Oggi non sarebbe corretto procedere a distacchi, ma recuperare crediti vantati da tempo o per il traffico prodotto in questi giorni sinceramente faccio fatica a capire perché no; senza tacere il fatto che proprio telco e utility sono e saranno chiamate a profondere risorse aggiuntive per garantire il funzionamento dell’infrastruttura tecnologica del Paese: vogliamo produrre voragini nei loro bilanci e poi lamentarci per ricorsi diffusi a cassa integrazione e magari a licenziamenti?
Dal mio punto di vista esistono oggi condizioni paradossalmente più etiche di dieci anni fa quando scoppiò la crisi finanziaria del 2008 per esigere i crediti.
Insomma, penso che la confusione che ha regnato sovrana in queste settimane ci abbia reso meno lucidi su tanti fronti: quello degli impegni è certamente uno di questi.
Tatto, garbo e capacità di ascolto
La situazione che stiamo vivendo è senza alcuna ombra di dubbio complessa e delicata.
E’ ovvio che il contatto con le persone che hanno un debito debba essere improntato – come sempre, ma forse con ulteriore tatto del consueto – al massimo rispetto e gestito col dovuto garbo: soprattutto serve mettere in campo una grande capacità di ascolto, perché alla fine dei conti parlarsi e capirsi riesce ancora a fare la differenza.
Che noi Italiani siamo alla fine dei conti persone per bene lo dimostrano alcuni dati che ho raccolto dall’operatività di questi ultimi giorni: per interloquire col 9% in più delle persone facciamo da casa il 20% in meno delle chiamate; ai due capi del telefono o ai due account delle email ci sono persone più rilassate, che trovano nelle loro dimore quella serenità che i ritmi stressanti delle giornate in azienda non sempre ci consentono di mantenere.
Voglio pensare che il Covid-19 lo sconfiggeremo anche con il recupero non solo di denaro ma soprattutto di umanità.
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