Il Disegno di Legge sui crediti deteriorati può essere un boomerang per i conti pubblici? Ritengo di sì.

Come titolato da Milano Finanza qualche giorno fa, nell’intervista di Marcello Grimaldi Ph.D., Presidente di UNIREC, il DDL sui crediti deteriorati può essere un boomerang per i conti pubblici.

Sul tema, interessante ed esaustivo l’articolo di Norman Pepe su BeBeez che mette a fuoco i principali effetti di un’eventuale concretizzazione di tale provvedimento normativo.

Mi trova innanzitutto d’accordo sulla necessità di lavorare ancora per ribaltare la percezione del cittadino medio del mercato degli NPL quale arena dominata da investitori senza scrupoli che beneficiano della necessità delle banche di cedere i crediti deteriorati, realizzando margini stratosferici a detrimento del consumatore.

Per esperienza e per contezza dei fatti, sono ovviamente cosciente che ciò non corrisponda a realtà. Come correttamente spiegato da Pepe “La maggioranza delle operazioni è realizzata da investitori istituzionali internazionali e domestici che, con l’aiuto di servicer italiani specializzati, valutano i portafogli di crediti in sofferenza messi in vendita dalle banche e presentano ai cedenti, all’esito di norma di una gara competitiva, un’offerta economica che rappresenta una attualizzazione dei flussi di cassa attesi del portafoglio (che, per massima chiarezza, rappresentano solitamente solo un di cui del valore nominale dei relativi crediti). Il tasso di attualizzazione riflette l’(alto) profilo di rischio dell’investimento (trattandosi di asset distressed) mentre il periodo di attualizzazione è funzione dei tempi (purtroppo ancora molto lunghi) delle procedure di recupero giudiziale in Italia. Non sorprende quindi che lo sconto applicato al valore nominale del portafoglio possa essere rilevante. Alla luce di queste considerazioni, sarebbe auspicabile che venisse avviata un’opera (anche mediatica) di riabilitazione della reputazione di questa industry sia presso le istituzioni sia, più in generale, presso il pubblico.”

Interventi come quello che si paventa minano non solo la stabilità del sistema bancario con peggioramento degli indicatori di liquidità, rischiando di privarlo del supporto di investitori istituzionali in caso di eventuali futuri downturn economici e con la possibilità che tali effetti si traducano poi in una  stretta creditizia, ma hanno l’effetto di distorcere l’equilibrio sociale perché generano vantaggi per alcuni soggetti, che per ragioni più o meno volontarie, non hanno voluto, o nella maggior parte dei casi potuto, rispettare un impegno. Andare in questa direzione manderebbe un segnale sociale preoccupante di “derubricazione” del problema dei mancati pagamenti. Se a chi lavora in questo settore sta la responsabilità di sistema di supportare individui, famiglie e imprese in difficoltà nel tornare in equilibrio finanziario, far sì che questo avvenga con un colpo di spugna a buon mercato è oltremodo dannoso, per tutti. Fra l’altro, andrebbe a crearsi una pericolosa discriminazione fra i debitori rientranti nella nuova disciplina e tutti gli altri che, pur “deteriorati” sarebbero fuori per motivi di tempistiche o perché i loro crediti non sono ancora stati ceduti dalle banche.

Di primaria importanza, in parallelo, l’impatto sui conti pubblici (basti pensare alla possibile evoluzione dei crediti con GACS) e lo spettro dell’immissione nel ciclo economico di risorse finanziarie di dubbia provenienza da parte di debitori che pur di cogliere l’occasione di una risoluzione a sconto potranno ritenere vantaggioso reperire le somme necessarie in maniera rischiosa o fraudolenta, come giustamente ricostruito da Pepe.

In merito ai risultati attesi in conseguenza all’eventuale attuazione del provvedimento poi, non esiste alcun nesso fra il fatto che il corrispettivo pagato dagli investitori alle banche cedenti per i loro crediti deteriorati sia più o meno basso e la circostanza che il debitore ceduto (terzo rispetto alla compravendita) abbia il diritto di vedersi “scontata” gran parte del proprio debito.

Auspico che si possa davvero avviare un dialogo costruttivo fra le parti, includendo gli esperti del settore del credito e puntando all’incentivazione e al supporto di interventi in chiave “re-performing” per la gestione sostenibile dei crediti deteriorati.

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