Le imprese e le opportunità da cogliere nel post Covid

Per costruire qualcosa che sul mercato abbia successo e che duri nel tempo le regole sono molto semplici. Servono intuito, visione di mercato, misurazione dei rischi in relazione alle opportunità, prudenza ed intraprendenza. Proprio come un buon padre di famiglia. Ogni piccolo pezzo dell’azienda va costruito pensando che debba durare per sempre. E i dettagli fanno la differenza, soprattutto nel mercato odierno, perché sono proprio quelli che spesso misurano la credibilità di un’azienda. La credibilità costa fatica, sacrificio, tempo. Va costruita con pazienza, equilibrio e passione. É un concetto semplice per chi l’ha nel DNA. Quando c’è, l’azionista, il cliente, il collaboratore, il mercato lo percepiscono, anche in un mondo nel quale l’apparire sembra essere più importante del fare. Ma le fake news hanno vita breve, specialmente nelle tempeste. Se invece sei riuscito a costruire e a mantenere intatta la credibilità, superi tutto, crisi Covid compresa.
È un dato di fatto che il Coronavirus ha avuto un impatto profondo su molte aziende, in alcuni casi devastante. Ma se, come si dice, la necessità è davvero la madre dell’invenzione, la crisi scatenata dalla pandemia potrebbe portare anche a esiti incoraggianti, che può essere utile mettere in evidenza per guardare al futuro con fiducia in un momento di naturale propensione al pessimismo.
L’esplosione del Covid e il conseguente lockdown hanno forzato sia il ritmo che la portata dell’innovazione sul modo di concepire il lavoro: in questo senso la pandemia ci ha costretto, come azienda e come cittadini, a usare le risorse che abbiamo sempre avuto davanti agli occhi ma che per una ragione o per l’altra – e la peggior ragione è l’abitudine – non eravamo mai stati “obbligati” ad utilizzare, nonostante fossimo ben consci dei benefici impliciti. Non è solo innovazione, è capacità di adattamento, che fa davvero la differenza in un momento di crisi.
Se penso al settore in cui lavoro, il credit management, a mio parere l’innovazione è lo studio del dato, un’analisi accurata in logica predittiva e di relazione dinamica con il cliente, anche oggi, in un momento in cui non abbiamo dati comparabili da ritrovare nelle cosiddette “serie storiche”. E come tutti i percorsi di studio, anche in questo caso non finiamo mai di imparare e di analizzare, perché il dato è qualcosa di vivo, che evolve, e così deve evolvere sia chi lo analizza – il professionista – sia il sistema che ne permette l’analisi – la tecnologia. L’innovazione per i servicer è di vitale importanza: serve per avere dei dati predittivi che consentano di capire prima del tempo i cambiamenti in atto rispetto a un credito o a una posizione; raggiungere un risultato con un risparmio importante, perché la tecnologia permette, per alcune asset class, di rendere i processi di gestione “industriali”, scalabili, contenendone i costi.
Oggi i servicer devono presentarsi al mercato in modo diverso, con paradigmi nuovi e soluzioni adeguate al momento. Soluzioni che possano aiutare le banche e le aziende non solo nei momenti di difficoltà bensì prima che si accenda la spia rossa. Dobbiamo essere di aiuto al mondo economico e ai suoi attori con ciò che sappiamo fare meglio: ascoltare le persone, dando loro un vero aiuto a liberarsi del debito, e anticipare le esigenze della banca, affiancandola come soggetto alla pari.
Nei prossimi mesi, ci aspetta “un autunno caldo” per l’impatto del coronavirus, visto che il mercato sarà inondato da nuove masse da gestire. La necessità di supporto da parte di servicer per le banche crescerà e le capacità di performance dei diversi player verranno messe a dura prova. Fra i fattori che certamente faranno la differenza ci sono l’uso intelligente della tecnologia e del digitale. Allo stesso tempo però bisognerà mantenere la capacità di fornire un prodotto personalizzato a seconda di policy e strategie dei singoli clienti.
La crisi ha messo in luce come il digitale possa veramente essere una leva per creare valore e la discriminante nel medio termine sarà quanto le aziende sapranno cogliere questa sfida. La crisi rappresenta davvero un’opportunità di evolvere e cambiare. Gli obiettivi restano gli stessi, ciò che deve cambiare sono gli strumenti, che devono essere conformi alle rinnovate necessità dei clienti e a un mercato che non è lo stesso di qualche mese fa, un mercato che cambierà ancora. E che avrà bisogno di aziende che sappiano adattarsi rapidamente ai mutati contesti del credito.
Lo spartiacque per comprendere l’impatto del Covid sarà settembre, quando termineranno gli aiuti governativi e molte imprese che già prima della pandemia erano in crisi non ce la faranno. Prevedo un grande aumento del nostro lavoro a partire da novembre/dicembre 2020 ma senza poter far confronti con la precedente crisi: il recupero sarà molto più difficile, perché questa crisi porterà con sé per molti trimestri una mancanza di liquidità, con famiglie e imprese che faranno fatica ad adempiere ai propri impegni. L’aumento di lavoro, quindi, non sarà connesso ad un aumento del fatturato, almeno per un periodo.

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