PROFITTO E SOSTENIBILITA’: SHAREHOLDER VS STAKEHOLDER O E’ POSSIBILE SODDISFARE ENTRAMBI?

I temi della Corporate Social Responsibility e della sostenibilità dei modelli di sviluppo – e quindi di business – si fanno sempre più strada all’interno dei dibattiti economici nei Think Tank globali.
Qualche mese fa gli Amministratori Delegati di alcune delle più importanti aziende americane si sono riuniti in una Business Roundtable per discutere proprio di questo: la creazione di valore per gli azionisti non deve più essere l’unico fine delle aziende.
Le imprese devono investire nei loro dipendenti, proteggere l’ambiente, comportarsi correttamente ed eticamente con i fornitori, creare valore di lungo termine per gli azionisti e per tutti gli stakeholder. Queste dichiarazioni hanno da un lato incontrato il favore dell’opinione pubblica, dall’altro, sollevato polemiche da parte di economisti e addetti ai lavori che le hanno etichettate come propaganda più che un impegno concreto in termini di obiettivi, strumenti, tempi, azioni.
Al di là del trend del momento, l’attenzione verso il tema dalla sostenibilità è nell’agenda dei regulator e, fortunatamente, anche delle aziende. Per noi lo è già dal 2006, anno in cui abbiamo iniziato a misurare e rendicontare i nostri risultati non finanziari coinvolgendo gli stakeholder su obiettivi e aree di miglioramento tramite lo strumento del Bilancio Sociale.

È possibile conciliare gli obiettivi di crescita dell’azienda con quelli di sostenibilità, arrivando ad una ideale crescita sostenibile?

Io penso di sì, ma dipende dalle modalità con le quali ci si prefigge di arrivare a tale conciliazione. La necessità di integrare nelle scelte strategiche aziendali obiettivi di natura non solo economica ma anche di sviluppo sociale e di rispetto di tutte le parti coinvolte nei processi, incluso l’ambiente, deriva a mio parere da dati concreti che non possono più essere ignorati. L’ambito in cui operano le aziende, anche se locali, è ormai inevitabilmente globale. Ogni attività ha ricadute su ambiti che in passato venivano considerati secondari. Tutte le aziende influenzano l’ecosistema in cui vivono ed hanno il dovere di impegnarsi per avere un impatto positivo su comunità, risorse, clienti, azionisti e ambiente e per garantire un equilibrio fra queste parti.
È vero però che le aziende sono organismi che per sopravvivere e svilupparsi hanno necessità di generare profitto, per poter poi trasmettere parte di questo valore ai propri stakeholder, primi fra tutti, le persone a cui danno lavoro.
È innegabile che l’obiettivo di crescita debba indirizzare le scelte. Le modalità di raggiungimento di tale obiettivo però possono e devono tenere in considerazione dei bias di sostenibilità, pena l’innescarsi di un loop negativo che può influenzare e frenare la crescita stessa.
È importante quindi, per non farle rimanere solo parole su carta, non considerare gli obiettivi di sostenibilità sociale ed ambientale secondari, o da raggiungere nel breve termine. Altrimenti diventano solo dei vincoli, dei fardelli pesanti da trascinare. E non tutte le aziende possono permetterselo

È nella formulazione dei piani di crescita a lungo termine che i principi di sostenibilità devono andare ad integrarsi. L’allineamento degli interessi di stakeholder e shareholder deve avvenire in quel momento, tenendo conto delle capacità dell’azienda di assumersi delle responsabilità e di raggiungere quegli obiettivi.

Sicuramente è un cambio di paradigma non semplice, ma andare in questa direzione non è più una scelta.
L’azienda è un organismo che vive in relazione ad altri organismi all’interno di un ecosistema economico, sociale ed ambientale più o meno in equilibrio.
Noi ci siamo accorti che investire in azioni di miglioramento di tale equilibrio e delle relazioni che lo compongono ha apporti positivi anche per la crescita. Un esempio sono le politiche di welfare per collaboratori e dipendenti, l’impegno per l’applicazione di pratiche corrette nel portare avanti le attività di core business, le relazioni con il mondo dell’istruzione, la volontà di continuare ad investire sui territori su cui operiamo e le misure intraprese per limitare la carbon footprint.
Impegnarsi per essere sostenibili, comunicando al mercato risultati raggiunti ma anche aree di miglioramento, oltre a creare coinvolgimento con gli stakeholder, può innescare un meccanismo positivo. D’altronde anche le scelte dei decision-maker presso i nostri clienti sono dettate sempre più da criteri etici e di sostenibilità.

Essere più sostenibili ci rende quindi più appetibili sul mercato come fornitore di servizi. È insomma anche una questione di competitività e se siamo più competitivi, abbiamo più probabilità di generare valore.

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